Testo e foto di Matteo Fabris*

Padre e figlio Fabris con il primo bufalo di Matteo

Questa alba era diversa da tutte le altre, si sentiva che l’aria era differente dal solito, più pungente, carica di elettricità. Con gli occhi e la mente scrutavo l’orizzonte avvolto nella nebbia, mentre il sole sorgeva e dipingeva la savana dei suoi magnifici colori.

Sulla grande piana che si sarebbe trasformata in palude, poco più avanti, eccoli spuntare come due statue nere come la pece, due maschi solitari. Fermi scrutavano il Bush fitto, verso il quale si dirigevano per trovare riparo e riposare; fra loro e il Bush c’eravamo papà ed io. Piana non porgeva riparo, solo qualche alberello prima del nulla, da lì in poi solo paglie abbastanza alte. Accovacciati copriamo i primi 90 metri sfruttando gli alberelli, ma la distanza dai due cafri è ancora troppo lontana, 150 metri; guardano fissi verso di noi.

Ci inginocchiamo e cominciamo ad avanzare, strisciando sul freddo terreno della mattina, fra la cenere e la polvere avanziamo facendo attenzione a non farci scoprire. Arriviamo ad un piccolo ed ultimo cespuglio, loro ci guardavano, 2 paia di occhi ai quali non puoi sfuggire, vigili ce li puntavano contro. Papà prende la distanza, 68 metri, si vede solo il collo e una parte della groppa oltre alla testa, non ho altre chance, o prendere o lasciare.

Papà mi guarda dritto in mezzo agli occhi, te la senti?

Annuisco e con scatto meccanico ed impercettibile lo shooting stick si apre davanti a me, io mi alzo dietro papà che si sposta sul lato impugnando il possente 500 Jeffery, pronto a fermare la furia nera nel caso parta ferita nelle alte paglie.

Ogni movimento verso lo shooting stick aumentava il mio battito. L’emozione è alle stelle, ma devo rimanere freddo e concentrato, con certe bestie non si scherza. Saldamente tengo fra le mani il Blaser di papà, lo posiziono sullo stick, entro nell’ottica e posiziono la croce esattamente sul collo del bufalo all’attaccamento della spina dorsale. Prendo un bel respiro, lui è massiccio, corna spettacolari chiuse da un boss incredibile, un vecchio dougga boy accompagnato da uno più giovane. E’ il bufalo giusto per me, tutto segnato da vecchie battaglie con leoni o altri bufali, tutta la terra incrostata sulla schiena e le orecchie tagliate. Entrambi ci guardano con aria di sfida, con la testa inclinata uno verso l’altro, non hanno paura di noi. È giunto il momento di chiudere la partita con il bestione nero, emozioni mi divagavano nel cervello come una mandria impazzita ma di impeto le scaccio via tutte finché a mente libera prendo un respiro profondo e lascio andare il grilletto: il tuono del 375H&H echeggia in tutta la piana, e la pesante palla da 300 grani si schianta nel possente collo nero, facendo crollare il titano a terra. È fatta, senza esitare avanziamo verso il bufalo uno di fianco all’altro, armi pronte, si potrebbe rialzare e caricare, ma non questa volta, la palla ha spezzato la colonna lasciando il bufalo esanime. Io e papà ci guardiamo in silenzio sapendo esattamente cosa l’uno pensava dell’altro, finendo in un forte abbraccio.

Una caccia unica, fatta alla vecchia maniera, avvolti solo dalle emozioni e dalle paludi del Kasonso.  Anche se non mi sono ancora capacitato di quello che è successo il 6 luglio 2018 è un giorno memorabile che rimarrà impresso nel mio cuore per sempre….il mio primo bufalo…cacciato insieme a mio papà…non si può desiderare altro.

Matteo Fabris con il suo bufalo e la Blaser con il Leica Magnus 1.5-10×42

*Matteo Fabris, classe 1991, è già un nome importante del mondo venatorio. Scrive di caccia grossa su importanti riviste venatorie ed è fotografo e film maker di grande spessore. Segue anche le orme del celebre papà Mauro, uno dei più rispettati PH al mondo. Matteo ha voluto condividere con noi le emozioni del suo primo bufalo. Entrambi usano solo strumenti ottici Leica, per l’eccezionale connubio di affidabilità meccanica e qualità ottica.

A questo link un breve filmato di Matteo Fabris su come lui e suo padre Mauro intendono l’Africa, e qui di seguito una serie di scatti di Matteo, e non solo sull’Africa. Per chi cerca il massimo da un viaggio di caccia grossa, Mauro e Matteo Fabris sono probabilmente le persone migliori a cui si possa rivolgere.

 

 

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