Il racconto di un pomeriggio di apertura in Trentino, camminando nei boschi alla ricerca del capriolo o del cervo, sotto la pioggia, con il miglior binocolo possibile per una caccia come questa, il supercompatto Ultravid 8×32 HDplus di Leica.

Abeti bianchi e muschio: che bosco fantastico.

2 Settembre 2018: in Trentino apre la caccia agli ungulati. Nella riserva di diritto Smarano e Sfruz, Val di Non, siamo solo in 11, con 2000 ettari tra i 1000 e i 2000 metri di altitudine. C’è di tutto, dalla campagna alla foresta, alle rocce e prati d’alta quota. Abbiamo un piano di abbattimento molto vario, con 2 caprioli a testa e un numero di cervi e camosci sufficiente ad avere più animali da abbattere che cacciatori.

Oggi piove, con brevi pause. Tanto che la mia caccia inizia solo subito dopo pranzo. La decisione è di tentare nel bosco, per vedere se si muove qualche cervo che apprezza il fresco e l’assenza di sole o qualche capriolo infastidito dal gocciolio incessante, o magari per alzarne uno dal suo riparo.

Ho più di sei ore prima del crepuscolo e tenterò quattro posti diversi: prima la valle del rio Verdes, profonda e selvaggia a 1200 metri di altitudine, uno stretto sentiero intricato ma pianeggiante che segue l’acquedotto lungo il torrente e 50 metri più in alto, e qua e là lascia intravedere nel bosco fitto di faggi, noccioli e abeti la costa di fronte; ci sono anche due tagliate, tiri da 60-300 metri. Zona di dimora e passaggio di cervi, con qualche capriolo.

Poi uno splendido bosco di abeti bianchi con visuale più ampia, dove muovermi lentamente e osservare, binocolare fino a 150 metri costantemente, con le orecchie tese a percepire il movimento di un animale prima che avverta la mia presenza. Saliscendi continui, 1400 metri. Qui ci sono le sorgenti del Verdes, e un paio di saline. I cervi passano di qui quasi a buio, cerco invece un capriolo, qui ce ne sono.

Quindi mi sposto un po’ più in alto, e lascio il fuoristrada in fondo a una lunga strada sterrata cieca costruita da pochi anni, 1500 metri, un altro bosco in leggera pendenza ma sull’orlo di un grande pendio scosceso,  fatto di abeti bianchi, noccioli e faggi, un po’ più fitto. Gli incontri sono al massimo a 50 metri. L’udito gioca un ruolo più che mai fondamentale, come il silenzio assoluto e la pazienza di procedere lentissimi scegliendo accuratamente dove posare ogni passo. Qui è zona di bramito, anche se non è ancora iniziato, ma non è raro vedere un capriolo. È una zona remota della montagna, sulle balze si fermano di giorno i cervi a riposare, spero di trovarli.

Infine scendo nei boschi sopra il paese di Smarano, 1000 metri, pini e abeti rossi soprattutto, tanta erba, visibilità che varia da niente a 200 metri. Confinano con prati e campi di patate ma anche di erba medica, territorio ideale dei caprioli.

Per questa caccia ho scelto il Blaser K95 in 270 Winchester preparato dai fratelli Zentile, equipaggiato con il Magnus 2.4-16×56 i di Leica, che ritengo il cannocchiale da caccia di selezione più luminoso e versatile che esista, perfetto per le svariate situazioni di tiro che potrebbero capitarmi.

Il Rio Verdes, punto di partenza

Il binocolo, dopo un primo ricorso al nuovissimo binotelemetro Geovid 8×42 HDB 3000 (con due tagliate le distanze potevano arrivare a 300 metri) è per quasi tutto il pomeriggio il re della caccia alla cerca, Ultravid 8×32 HDplus di Leica, il più piccolo 32mm di alta qualità al mondo, con immagini molto contrastate e compattezza incredibile. Appesantito dalla pioggia, non voglio pesi ulteriori. Fantastico. Ho con me da abbinargli anche il nuovissimo telemetro CRF 2400R Leica, i primissimi arrivano nei negozi in questi giorni. 2 etti, velocissimo e potentissimo, mi da la distanza compensata con angolo di sito in 3 decimi di secondo. Se serve, per le distanze brevi e medie ho con me il meglio che c’è. Nel bosco il telemetro non serve, ma con tutti i giri che faccio oggi non si sa mai, potrei capitare a margine di prati con visibilità più ampia.

Il nuovo Geovid HD-B 3000 con i fischietti per il capriolo

Con la gamba un po’ pesante per il pranzo appena finito lascio il fuori strada lungo il torrente e imbocco il sentiero nella valle del Verdes; trovo i segni di grattate di un capriolo, bene! È un po’ che non percorro questo viottolo rubato alla costa scoscesa e fitta di vegetazione, che si è infittita ulteriormente, con qualche tronco che mi rende poco agevole il passaggio. In meno di mezzora a passo lentissimo, sul lato opposto so di trovare alcuni spazi con vista ragionevole sul lato opposto e due tagliate dove potrei sorprendere un animale che attraversa anche a oltre 200 metri. Siamo solo al 2 di settembre e ho con me i richiami per fischiare, a inizio mese in passato ho visto i caprioli ancora in amore, per qualche minuto non piove e provo varie volte, fischio, mi fermo e ascolto. Niente di niente, se non un mezzo infarto per una poiana che mi sorprende lasciando il suo ramo poco più di un metro sopra la mia testa, un paio di rumorosissime nocciolaie che avvertono il micromondo circostante che io sono là e uno scheletro ben pulito e ragionevolmente ben composto di quello che secondo me è un piccolo di capriolo, sul sentiero. Cerco con il mio Geovid HDB in ogni pertugio tra le foglie e gli aghi, macchie rosse nella vegetazione che mi rivelino animali sdraiati o seminascosti. Buco benissimo la foresta e mi godo le mille gradazioni di verde, ma non vedo niente. Mi rallegro nel vedere che nella vasca di raccolta del torrente ci sono sempre le solite fario da 10-15 centimetri, che schizzano via appena mi vedono. Qui ho imparato a pescare da piccolo e conosco ogni buca, ricordi lontani ma freschissimi.

una delle due tagliate nella valle del Verdes

Riprendo il vecchio ma sempre efficiente Suzuki e faccio 10 minuti di sterrato in mezzo alla mia montagna, il Roen. La zona dove mi trovo ora è forse la parte più bella della nostra foresta, grandi abeti bianchi e qualche raro faggio, con un tappeto di muschio quasi ovunque. Leggera pendenza, quasi piano. Passo decisamente al binocolo Ultravid 8×32 HDplus, il telemetro non mi serve nel bosco e voglio ridurre i pesi. sono meno di 550 grammi e questo giocattolo meraviglioso sta in una mano, ma se si escludono le ultimissime luci del giorno non fa rimpiangere come luminosità e prestazioni i più universali binocoli da 42 millimetri. In questo bosco è molto più facile muoversi e la visuale è più aperta, mi fermo anche una buona mezzora dietro un abete per fischiare e attendere.

mi fermo mezz’ora nella foresta di abeti bianchi

Riprende a piovigginare e non vedo nulla, se non che le saline sono ben visitate e non mancano segni di presenza di caprioli. Vedo anche una splendida mazza di tamburo alta 40 centimetri, la vedo bianca a occhio nudo da 200 metri e la identifico con il binocolo. Unico fungo di tutto questo bosco, dove prima di oggi aveva piovuto solo un mese fa. Passo a salutarla, merita una foto.

Sono passate le 4 quando parcheggio in mezzo ad un’arena di bramito nel cuore della montagna, proprio sotto al paraurti anteriore le fatte di un cervo molto fresche. Fa fresco e piove, un clima abbastanza ideale per trovarne uno in giro in zone tranquille, anche se è solo metà pomeriggio. Il mio K95 col Magnus 56 non pesa sulle spalle, e le gocce d’acqua gli scivolano addosso. A casa dovrò pulirli e asciugarli bene, comunque. Faccio un giro di un’ora, poco più di due chilometri, un anello ideale che tocca una baita -ricordo di spensierate mangiate e bevute notturne in compagnia da ragazzo- e passa per due saline, anche queste con i blocchi di sale ben levigati, segno di attività. Ogni tanto imbraccio il kipplauf e punto l’ottica, che tengo a 4 ingrandimenti, per vedere se l’acqua compromette la mira. L’acqua scivola sul trattamento Lotutec antisporco e il mio occhio nuota nello spazio incredibile che gli concede il Magnus, chi non ha mai provato non può capire. Per terra lungo il sentiero le immancabili, qui, orecchiette di lepre, cui piacciono gli ambienti umidi e freschi. buone sott’aceto, dicono, io ne metto al massimo qualcuna nel misto, sono mollicce e più belle che buone.

le orecchiette di lepre, funghi bizzarri

Ungulati zero anche qui, e allora mi decido a rinunciare ai cervi per dedicarmi esclusivamente ai caprioli, nel bosco vicino al paese.

Adesso piove bene e comincio ad avere il cappello a tesa larga più pesante. Ma sono felice di essere nella mia foresta, dove da quando ero bambino vado a cercare i finferli e poi i porcini e infine le finferle, spesso incontrando i caprioli. I bordi della foresta sono tutti prati e campi di erba medica, qui i caprioli ci sono, non tantissimi come 30 anni fa ma certamente di più del momento più buio di 15 anni fa. Non passo nei sentieri, immagino che sotto la pioggia i caprioli stiano a ripararsi sotto un abete dai rami fitti, so quanto gli dia fastidio la pioggia, e allora cammino in mezzo al bosco, sperando di finire addosso a uno di loro. Mi fermo ogni 50 metri a binocolare, qui ci sono spazi ampi e se c’è un animale devo cercare di vederlo prima possibile. Sorprendentemente invece vedo qualche porcino, piccolo, forse inizio di una buttata, altamente destabilizzante per la mia concentrazione venatoria. Li raccolgo, non resisto all’idea del primo risotto stagionale. Sono goloso, e a casa mia non sono il solo.

Purtroppo mi distraggo molto, appena passo dove c’è un habitat da porcino il mio sguardo automaticamente cade a terra, non posso farci niente. Dopo un’estate povera di piogge sono i primi porcini che vedo quest’anno, è più forte di me.

La distrazione…

Sarà per questo, forse, ma anche qui non trovo alcun animale, mi sto davvero godendo un pomeriggio splendido in mezzo alla mia montagna, ma capisco mio padre che ha preferito stare a casa. Lui però può andare anche domani, beato lui.

Ormai sono le sette e col cielo che c’è inizia a imbrunire in anticipo, sono francamente stufo di prendere acqua senza vedere nulla e decido di andare a casa, quasi senza accorgermi che ha smesso di piovere di nuovo. Mentre guido attraverso qualche prato, niente anche qui, e alla fine imbocco la strada interpoderale che taglia gli ultimi prati a ridosso del bosco prima del paese di Smarano. Qui la sera si vedono spesso due giovani maschio e femmina, uno spitzer e la femmina molto magra, entrambi ideali come capi da selezione. Da noi l’apertura è per tutte le classi di sesso ed età.

Sembra incredibile ma ci sono, nell’angolo del campo a circa 200 metri. Riconosco subito la sottile molto sottile. L’8×32 mi informa in un attimo che lo spitzer si è miracolosamente trasformato in un adulto, e il resto è venuto da se, dall’accostare sul ciglio a correre con l’arma dietro un dosso per stare nascosto e allontanarmi dalla strada, appoggiarmi a un grosso ramo di sambuco poco sotto e godermi l’inaspettato bottino, un trofeo discreto per le nostre parti e venti chili di carne che frollerò come sempre 11 giorni a 2 gradi, per diventare lesso e polpette sanissime per il mio bambino di un anno e mezzo e carpaccio, tartare, brodo e bistecche che si sciolgono in bocca per mamma e papà, e amici, appassionati delle cose buone.

Il capriolo, composto per la fotografia subito dopo l’abbattimento, con il bruch in bocca

Era tanto tempo che non cacciavo sotto la pioggia e lo farò ancora a prescindere dal risultato di oggi. Avrò fatto almeno 15 chilometri. Credo sinceramente che il binocolo 8×32 HDplus da mezzo chilo mi abbia alleviato molto lo sforzo sia sul collo che per gli occhi, e che dopo un pomeriggio sotto le intemperie sia stato bello avere la certezza che il Magnus, fermato a 12 ingrandimenti al momento del tiro, le abbia affrontate con la leggerezza di chi non teme nulla.

Il Leica Ultravid 8x32HDplus, sta nel palmo di una mano, straordinario.

L’apertura è andata bene, viva i miei boschi e viva la caccia alla cerca, per me la più emozionante.

Weidmannsheil!

Il Monte Roen visto dalla parte opposta della Val di Non, Il Rifugio Peller. Alle sue pendici i paesi di Coredo, Smarano e Sfruz
La faccia di chi passa un pomeriggio a caccia nei suoi boschi.

 

 

 

 

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