Una storia per cacciatori di camosci, di una decisione veramente complicata per prelevare il maschietto previsto dal piano, che spiega come soltanto i denti a volte sciolgano ogni dubbio, anche per i più esperti.

Il maschietto protagonista di questa storia, con il bruch in bocca

Monte Roen, Val di Non, Trentino. 31 Ottobre. Nella mia riserva di diritto di Smarano e Sfruz rimangono da abbattere una femmina per ciascuna classe, un maschio di prima e uno jahrling. Sulla nostra montagna viene ritoccato ogni anno il record di densità di camosci, con un branco censito di oltre 100 esemplari, dove solo vent’anni fa venderne uno era ancora poco meno di una rarità.

In questo periodo sembra che se ne vedano parecchi, mio padre che vive lì me lo continua a dire, vai!!

Mi accompagna l’amico Ettore Zanon, che come Esperto Accompagnatore (in provincia di Trento è obbligatorio essere accompagnati a caccia di camosci da un Esperto che ha conseguito un’abilitazione specifica) non ha bisogno di presentazioni, visto il suo lavoro e la ormai più che trentennale esperienza venatoria nella riserva di Rabbi, a ridosso del Parco Nazionale dello Stelvio.

Ettore Zanon

Da 48 ore imperversa la nebbia; sulla base dei suggerimenti ricevuti e della priorità data dal sottoscritto a portare ciccia alla famiglia rispetto alla ricerca eroica del capo da trofeo, decidiamo di iniziare posizionandoci “facile”, con vista sul prato della malga di Smarano, 1900 metri di altitudine. Sembra che dalle rocce sottostanti emerga praticamente ogni mattina almeno un branchetto di camosci al pascolo. Chi caccia in montagna ha conosciuto giornate intere ad aspettare inutilmente cinque minuti senza nebbia, ma anche svariate occasioni in cui improvvisamente si apre un varco di ottima visibilità.

La nebbia a 2000 metri è sempre in movimento, sono nuvole che a volte il vento sposta facilmente, altre sembrano immobili nonostante folate da brivido

Comunque il contributo dell’iniziativa di piazzarsi nel prato della malga a mantenersi in forma è nullo, 300 metri a piedi da dove abbiamo parcheggiato la vecchia Suzuki.

Ci “ospita” il piccolo recinto della cappella della Madonnina del Roen, con uno steccato che sembra fatto apposta per appoggiare l’astina del mio Kipplauf e il mio gomito destro, con un ginocchio a terra.

La cappella che domina la zona della malga sottostante (disabitata da settembre a giugno) e del suo ampio prato, sotto cui si aprono valli ripide di erba e rocce.
Nel piccolo recinto della cappella c’è spazio per il fiore più appropriato per il luogo e la stagione

Siamo pronti, ma la nebbia ci circonda, come purtroppo era previsto. Ci fermeremo qui in attesa di qualche finestra di spazio aperto, poi magari decideremo di camminare. Il Magnus 2.4-16×56 i sembra chiedersi perché nemmeno le sue fantastiche lenti Leica riescano a bucare questo muro.

Il Magnus attende che la nebbia si alzi, sperando che nasconda i camosci.

A dire la verità nel piano avrei anche una femmina di capriolo e il fusone di cervo, di possibilità ce ne sono parecchie, se la nebbia si degna di alzarsi…

L’ambiente di questo strano inizio di novembre è bellissimo, con i larici gialli e l’erba ancora insolitamente verde. Dove dovrebbe essere tutto bruciato dalle gelate notturne da almeno un mese, vedo ancora vesce e lattari freschi. Trovo personalmente che la pasionaria Greta abbia un’espressione che incentiva ad inquinare, ma il clima sta innegabilmente cambiando. Anche se oggi, circa 10 giorni dopo questa esperienza, mi dicono che nei luoghi di queste foto sia già caduto oltre un metro di neve.

Il prato della malga fotografato dall’anschuss, un’ora dopo il tiro.

Abbiamo il tempo di prendere confidenza con il luogo, di bere un po’ di tè caldo arricchito con grappa e di goderci il walzer dei crocieri che a decine si spostano rumorosamente da un larice all’altro, intervallati dal fantastico canto autunnale di un gallo forcello che deve essere circa 200 metri dietro le nostre spalle.

Ed ecco il miracolo della nebbia che si dirada, a 195 metri dal Magnus appaiono magicamente 6 camosci.

Il gruppo di 6 camosci che ci apprestiamo a valutare, il Magnus aspetta paziente le nostre decisioni.

Ettore posiziona sullo steccato della cappella l’Apo Televid 82, che mostra -in circostanze di pessima luce come queste- tutto il suo valore, anche perché il “lavoro” richiederà oltre un quarto d’ora. Non vogliamo assolutamente commettere errori. capiamo abbastanza rapidamente che sono maschi e nessuno vecchio, quindi tireremo solo se saremo certi che in mezzo c’è uno jahrling, un giovane dell’anno scorso.

Ettore con la sua mantella e il suo cappello di loden intento a prendere la decisione.

Senza sfruttare i 40 ingrandimenti su cui sta lavorando Ettore con il lungo, mi bastano i 16 del Magnus per decidere a prima vista che ce n’è uno con la classica struttura da maschio dell’anno. Ma le corna sono alte per essere dell’anno, e impieghiamo svariati minuti di osservazione tentennando tra ciò che ci mostra chiaramente l’aspetto generale dell’animale nonché l’istinto della nostra esperienza, rispetto a quei due centimetri in più di quelle corna.

Sappiamo che il conto da pagare se sbagliamo classe è formalmente di poco conto, si tratterebbe -solo per me- di rinunciare a cacciare il camoscio l’anno prossimo. Ma è questione di rispetto, verso le regole e verso le decine di uscite in cui altri della mia stessa riserva hanno rinunciato a tirare a maschi di seconda classe. Mentre scrivo, apprendo che un collega della stessa sezione proprio oggi se ne è infischiato del rispetto ed ha ucciso un maschio di 3 anni, appartenente ad una classe il cui prelievo sarà sbloccato solo una volta prelevato il capo di prima. Penso a mio padre, che quest’anno ha avuto la possibilità di sparare a un seconda classe già 3 volte e non l’ha fatto. Questione di rispetto…

A forza di studiarlo di fronte, di tre quarti, di fianco, e di nuovo di fronte, e poi di tre quarti, ci facciamo coraggio e decidiamo insieme che sì, inequivocabilmente, quella struttura fisica, quel musetto corto sono da jahrling, e così Ettore mi da via libera per il tiro.

A 200 metri, con l’astina e il gomito destro ben appoggiati allo steccato della Santa struttura che ci ospita, e con un ginocchio a terra, il tiro ad un animale che non accenna ad allarmarsi è difficile da sbagliare.

La mia monolitica Hasler Hunting in 270 Win da 125 grani permette al camoscio, colpito bene sotto la spalla, di fare un salto e poco più, per sparire dietro un dosso meno di 10 metri più in basso, ma mostrandoci chiaramente di cadere con le gambe in aria.

La fantastica Hasler, che deve la sua precisione alle tolleranze costruttive minime dell’azienda, ma anche agli anelli sporgenti, che minimizzano il contatto con la canna. L’ottimo potere d’arresto invece è dovuto alla perfezione con cui viene ottenuto il doppio foro centrale di due larghezze diverse, grazie al quale si trasferisce al meglio l’onda d’urto sull’animale.

La nebbia che immediatamente torna a coprire la scena ci regala veramente la sensazione di aver ricevuto un miracolo, oltre a condire i canonici 10 minuti di attesa di tutti i dubbi più ovvi ed inutili che vengono a chi non riesce a vedere nulla. Non posso non pensare che se per caso si è rialzato si trova a meno di 10 metri dalle rocce scoscese.

Ebbene arriviamo sull’anschuss e il camoscio si trova dove l’abbiamo visto cadere. Ettore è preoccupato per la lunghezza delle corna e si lancia subito sull’animale, inforcando gli occhiali. Anche se la struttura fisica e l’aspetto del muso sono assolutamente da jahrling, le corna sono lunghe e la loro conformazione vicino alla base fa sorgere legittimi dubbi.

Troviamo il camoscio dove lo abbiamo visto cadere
Ettore è preoccupato per la lunghezza delle corna e si lancia subito sull’animale, inforcando gli occhiali
Da questa immagine è lecito avere qualche dubbio sull’età dell’animale
Guardando questa immagine sembra chiaro che l’animale è uno jahrling

Ettore la prende giustamente molto sul serio, tanto che si perde per minuti a leggere le corna, la base pone il ragionevole dubbio che si tratti di un animale di due anni, a dispetto del muso e della struttura fisica dell’animale.

In effetti col camoscio di solito la si risolve studiando le corna per decidere l’età, o nel caso dello Jahrling con una rapida occhiata alle corna stesse, che non devono mostrare anelli di accrescimento.

Ma anche lo Jahrling più precoce, almeno quanto a corna (perché in generale questo era decisamente sottopeso), sui denti non può ingannare la natura. E finalmente guardiamo in bocca, dove gli incisivi non più da latte sono solo due, segno inequivocabile, questa volta senza appello, che l’animale è dell’anno scorso.

Se ha cambiato solo due incisivi è uno jarhling, addio dubbi.

Il bruch è per forza dell’unica pianta che c’è, larice. Ci stringiamo la mano nel rito del Weidmannsheil e facciamo qualche fotografia.

Ettore si rilassa, non ci siamo sbagliati.
Per me è il primo camoscio in 29 licenze sulla mia montagna. Una volta non ce n’erano, e in questi ultimi anni non ho avuto davvero tempo di andare a caccia. Uno anni fa a dire il vero l’ho padellato.

E’ ora di far lavorare il mio fantastico coltello Maserin Croz, disegnato proprio da Ettore Zanon per l’azienda di Maniago. Sto già pensando alla coscia arrosto secondo la ricetta che mi ha regalato il mio amico Bepi Audino; il collo e le spalle finiranno lessi (e il brodo in risotti pazzeschi) o brasati. E il lombo sulla griglia. Le costine temo che finiranno male, il proiettile è entrato e uscito da lì. Anche se è un giovane, 10 giorni in cella a 2 gradi col pelo glie li faccio fare comunque, poi potrò tagliare la carne con un dito. La selvaggina in tavola è un piacere straordinario, per tutta la famiglia.

E’ ora di far lavorare il mio fantastico coltello Maserin Croz.

La caccia è finita, la nebbia consiglia di tornare a casa contenti del regalo che ci ha concesso. Non prima di una sosta nella malga, dove la sezione cacciatori ha una stanza che i più bravi di noi (non io e li ringrazio per l’impegno) hanno trasformato in un posto perfetto per mangiare e dormire.

300 metri a piedi per trascinare un camoscio che forse raggiunge 15 chili sull’erba morbida fino alla malga sono davvero una fatica da poco.
Ettore e il Croz alle prese con il salame nella stanza dei cacciatori della malga.

Andiamo a casa, saluto la mia malga, la neve arriverà a breve, ci vediamo nel 2020!

L’ultima foto, la Suzuki è qui di fianco.
La stagione è in ritardo, ma l’inverno arriva anche quest’anno

Attrezzatura

L’attrezzatura che abbiamo utilizzato è a mio avviso il massimo oggi disponibile per la caccia di selezione, in qualsiasi contesto la si pratichi.

L’arma è una Blaser k95, leggerissima e splendida, e i fratelli Zentile ci hanno messo le mani per assicurare che le palle Hasler Hunting 270 Win da 125 grani mi mettano in condizione di contare sulla massima precisione, anche su distanze superiori a quella con cui mi sono confrontato oggi.

Il cannocchiale è un Leica Magnus 2.4-16x56i con torretta balistica BDC. Grazie alla sua meccanica in acciaio ho la certezza assoluta che non perderà mai la centratura del reticolo e che prenderà sempre ogni singolo clic che dovrò dargli per compensare la distanza. Non è certo una cosa ovvia. La sua pupilla d’uscita enorme e i contrasti scolpiti delle sue lenti mi permettono di mirare con una immediatezza eccezionale, e oggi ho potuto seguire i camosci per oltre 10 minuti senza stancare l’occhio.

Oggi non ho un binotelemetro, perché con tutto il rispetto per il Geovid HD che è oggi il binotelemetro più performante per qualità ottica, ergonomica e del sistema di misurazione, sono letteralmente strabiliato dalle prestazioni ottiche del Noctivid 8×42, che mi da immagini di una profondità e con una fedeltà cromatica che non credevo fosse possibile. Anche Ettore ne ha acquistato uno, nero.

Il telemetro compatto è il più veloce e potente al mondo, il CRF 2800.com, misura in tempo reale fino a oltre 2.5 chilometri e con la app dello smartphone gli trasferisco via bluetooth la curva balistica della mia Hasler. Quando misuro ho distanza, altitudine, angolo, temperatura trasformati semplicemente in clic per la torretta del Magnus. Non devo pensare.

Il lungo è l’APO Televid 82. Lo sanno tutti che la nitidezza d’immagine e la precisione della doppia messa a fuoco sono qualcosa di imbattibile.

Il coltello è il Croz di Maserin, un lama fissa con il miglior acciaio possibile, pensato espressamente per il trattamento della spoglia, con la finezza dell’acciarino integrato nel manico. Si trova su www.coltellidacaccia.com

Il Noctivid 8×42 il CRF 2800.com e il Magnus 2.4-16x56i sul kipplauf Blaser k95, appoggiati allo steccato della cappella della Madonnina del Roen.

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