Solo ieri, per chi caccia da qualche anno, consideravamo piuttosto arrischiato un tiro al capriolo o al camoscio a distanze superiori ai 250 metri. Questione di limiti tecnologici di armi, palle, attacchi e ottiche.Le distanze stesse poi erano conosciute grazie a quei telemetri enormi di derivazione militare che spesso si acquistavano in gruppo e si portavano in montagna una sola volta a caccia chiusa per “misurare” tutto e prender nota per l’apertura. Non che oggi 250 metri siano una distanza da sottovalutare. Al contrario, per la maggior parte dei cacciatori non inclini ad armi, ottiche e ricariche particolarmente spinti, oltre i 250 metri il tiro rimane qualcosa al limite dell’irresponsabile.

La tecnologia però i passi da gigante li ha compiuti, con un mix di innovazione soprattutto meccanica ed elettronica. Non che vada preso ad esempio per fare lo stesso a caccia, per carità, ma nelle sempre più diffuuse gare di tiro a 1000 metri di oggi buona parte dei partecipanti è in grado di colpire lo spazio di una moneta. Le armi sono costruite con materiali e tolleranze impensabili un decennio fa, mentre i cannocchiali da puntamento offrono ingrandimenti oltre i 60x.

Questa è la “formula uno”, che mostra cosa è possibile. Certo non andremo a caccia con quelle armi ingombranti e pesantissime, né con quelle ottiche che non hanno le caratteristiche necessarie al tiro di caccia.

Però si sa che con una buona carabina da caccia, opportunamente tarata con palle che vadano “d’accordo” con la canna e con attacchi di qualità per sostenere a dovere l’ottica, un cacciatore con la giusta esperienza è in grado di essere abbastanza preciso da soddisfare l’etica venatoria a distanze ben superiori ai 300 metri.

Naturalmente da cacciatori seri abbiamo la nostra opinione sui risvolti etici e pratici del tiro a lunga distanza a caccia, ma in questa sede ci occuperemo solo della fattibilità da un punto di vista tecnologico, ed in particolare per quanto riguarda gli strumenti ottici.

La preparazione del tiro innanzitutto: ormai su prodotti superiori ai 1000 euro la qualità dell’immagine di un binocolo è arrivata generalmente a prestazioni talmente perfette da rendere virtualmente impossibile ai cacciatori notare la differenza tra un marchio e l’altro. Anche per quanto riguarda il lungo (telescopio da osservazione), necessario a valutare bene il capo prima di decidere se tirare o meno e indispensabile per scegliere l’animale giusto nella caccia al camoscio, da quando esistono gli strumenti compatti (che hanno mandato in pensione quelli –ancora ottimi- estensibili, non in grado di garantire l’impermeabilità) ormai coi migliori marchi si hanno definizione dell’immagine e contrasti impeccabili, lasciando un sostanzioso vantaggio competitivo a quelli che offrono il doppio sistema di regolazione di messa a fuoco fine, che obbiettivamente permette di arrivare molto meglio al punto perfetto di messa a fuoco e quindi a poter valutare bene quei segnali meno evidenti che lasciano intendere all’occhio esperto l’età e il sesso del camoscio oggetto di valutazione.

La rivoluzione tecnologica più affascinante è nella misurazione della distanza. Il massimo livello è espresso da telemetri grandi come un pacchetto di sigarette, che in 3/10 di secondo misurano fino a oltre 1500 metri e, oltre a fornire la distanza già corretta rispetto all’influenza dell’angolo di sito, indicano con precisione come comportarsi al momento del tiro a seconda della propria tecnica di mira.

CRF 1600 B ambientato

Il CRF 1600B: dimensioni tascabili, sufficienti a ospitare un sistema che fornisce tutte le informazioni necessarie alla più alta precisione di tiro.

Basta tarare lo strumento con pochi passaggi in base alla palla utilizzata (con una minima approssimazione) e alla distanza di azzeramento dell’ottica. Se si usa un cannocchiale con classico reticolo a croce e si mira a distanze lunghe spostando il reticolo sopra la schiena dell’animale, il telemetro restituirà l’esatto alzo in centimetri da applicare al momento di sparare. Se, come accade sempre più spesso, si utilizza una torretta balistica di qualsiasi marca, il telemetro “dirà” a quanti clic corrisponde sulla torretta quella distanza, con quell’angolo e in base a quella palla, perfino considerando l’impatto della temperatura e della pressione atmosferica. Facile dedurre che uno strumento del genere permette di lasciare a casa le tabelle balistiche.

Tutto questo accade allo stesso modo anche con gli ultimissimi binocoli con telemetro integrato che stanno per uscire sul mercato, che in più addirittura ospitano una scheda microSD (come quelle per estendere la memoria dei telefonini) su cui salvare i dati precisi della propria palla.

Sono binocoli che finalmente offrono le stesse prestazioni ottiche di quelli della più alta qualità ma senza il telemetro, dei pesi accettabili e sono talmente perfetti nella miniaturizzazione elettronica da mostrarsi all’occhio e all’impugnatura come dei normali binocoli, facendo per la prima volta “sparire” all’esterno ogni segno che tradisce la presenza del telemetro.

 

Geovid 8x42 HD B 3D bassa

 

GEOVID 8×42 HD-B: appena arrivato sul mercato, è il primo binotelemetro ad ospitare addirittura una scheda microSD su cui salvare i dati della palla utilizzati.

 

Siamo a caccia, col lungo abbiamo identificato sopra di noi il becco di 6 anni che rientra nel piano e decidiamo di tirare. Prendiamo il binotelemetro (che a casa abbiamo tarato sull’arma che usiamo), inquadriamo l’animale e premiamo il pulsante. Leggiamo ad esempio 295 metri, poi dopo meno di mezzo secondo 6 clic. Non servono tabelle balistiche, al limite non serve nemmeno leggere la distanza. Diamo 6 clic alla nostra torretta e miriamo con calma al punto vitale.

Certo, è necessario aver fiducia cieca –perdonate il gioco di parole- nel cannocchiale da puntamento su ciascuno di questi 6 clic, e nessuno di noi ce l’ha. Perché tutti noi abbiamo esperienza diretta o riferita da amici di clic presi e non presi, di raccomandazioni da parte degli armieri a trattare con delicatezza la torretta e di ogni genere di inibizione psicologica alla nostra capacità di fidarci dei clic. In effetti non c’è niente di peggio per un cacciatore di trovarsi a dubitare dell’affidabilità della propria attrezzatura e, che sia vero o no, i cacciatori tendono sempre più spesso a parlare di cannocchiali che non tengono la rosata o che non “prendono” i clic.

Spendendo oltre 2000 euro, oggi la qualità dell’immagine riscontrabile in un cannocchiale è eccellente ed è difficilissimo per un cacciatore trovare differenze tra i modelli delle marche più importanti. La sfida tra i grandi produttori si sposta sulla meccanica. Tra grossi calibri e tiri lunghi i cannocchiali da caccia oggi subiscono sollecitazioni impensabili solo qualche anno fa.

Se allora fino a poco tempo fa la scelta del cannocchiale si basava principalmente sulle prestazioni crepuscolari, oggi il livellamento verso l’alto della qualità ottica delle migliori marche e l’aumento delle sollecitazioni portate da torrette e grossi calibri spostano l’attenzione su caratteristiche che in passato erano molto meno rilevanti.  Vent’anni fa ci hanno insegnato a sparare con ingrandimento fisso, a calcolare la distanza sapendo quanto della cassa del capriolo è coperto dalla barra del reticolo, e quindi a mirare tanti centimetri sopra il filo della schiena quanto serviva in base al comportamento balistico della palla che usavamo. Funzionava non male, in effetti. Le torrette dei clic, comunque, le “toccava”  solo il nostro armaiolo una volta l’anno al poligono per controllare la taratura prima dell’apertura.

Non dimentichiamo che invece i vari tipi di torrette balistiche sul mercato, oggi il sistema più richiesto dai cacciatori per mirare a lunga distanza, basano la loro precisione esclusivamente sul meccanismo dei clic sottostanti, spesso ancora oggi costruiti con parti in plastica e progettati in tempi in cui la robustezza richiesta era decisamente inferiore. Per sostenere le vibrazioni e il rinculo dei grossi calibri servono un tubo esterno di spessore rilevante e un tubo interno, su cui è fissato il reticolo, completamente saldato alla struttura del cannocchiale. Per evitare gli effetti del il logorio dovuto all’utilizzo quotidiano delle torrette, è necessario un sistema di clic robusto e interamente in metallo.

Queste caratteristiche sono alla base della costruzione meccanica della nuova linea di cannocchiali da puntamento Magnus di Leica. Il nuovo Magnus 2,4-16×56 è stato testato per sostenere le sollecitazioni di qualsiasi calibro ed è dotato di un sistema di clic totalmente affidabile progettato per l’uso frequente, tipico della caccia di oggi.

Associando la compattezza, la completezza e la precisione degli strumenti di misurazione Leica alla qualità meccanica dei loro cannocchiali da puntamento il cacciatore più esigente, che tira più lungo di qualche anno fa e sollecita molto di più la meccanica dei suoi strumenti, trova finalmente anche nelle ottiche quelle certezze tecnologiche che già da qualche tempo gli garantiscono le migliori marche di armi, di palle e di attacchi.

Weidmannsheil!

 

 

Blaser R8 Magnus 2_4-16x56 links

MAGNUS 2,4-16×56 con torretta balistica BDC. La torretta balistica lavora sul semplice principio di 1 clic=1cm a 100 metri, con una robusta ghiera per bloccarne il movimento accidentale quando non serve. Sotto il coperchio, un cuore interamente in acciaio.

 

 

 

 

 

 

 

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