L’errore di parallasse, questo sconosciuto… Se ne parla tantissimo, molto spesso con idee un po’ confuse sul significato e soprattutto sulle implicazioni nella caccia. Vediamo di cosa si tratta e perché nell’esercizio venatorio non dobbiamo preoccuparcene troppo…entro distanze di tiro ragionevoli.

Chi già possiede appieno l’argomento non ce ne voglia, se ci permettiamo di iniziare con la definizione di “errore di parallasse”. Riteniamo possa essere utile se non altro come base su cui impostare in modo chiaro un tema tra i più confusi nelle discussioni tra noi cacciatori.

Ebbene, stiamo parlando dell’errore di mira che si verifica quando guardiamo nel cannocchiale in modo non perfettamente centrato rispetto all’asse del cannocchiale.

I suoi presupposti sono nel sistema ottico del cannocchiale, costruito in modo che la distanza ottimale dell’occhio umano sia, nei prodotti di alta qualità a 8-10 cm dall’oculare. Ciò è sufficiente quasi sempre a preservarci dai danni che procurerebbe al viso l’impatto dell’oculare spinto dal rinculo del fucile, ma porta molto spesso la nostra vista ad essere non esattamente in asse con il centro del cannocchiale.

Se miriamo da una posizione un po’ “obliqua”, senza cioè avere l’occhio perfettamente in asse con il cannocchiale, l’immagine del bersaglio che vediamo nel centro del reticolo non corrisponde con esattezza al punto che in realtà il cannocchiale sta mirando, determinando quindi necessariamente un errore di tiro.

Questo perché l’immagine del bersaglio che miriamo viene riportata dal fascio di luce che “scorre” dall’obiettivo verso l’oculare all’interno del cannocchiale su un piano leggermente anteriore o posteriore rispetto a quello su cui si trova il reticolo, con la conseguenza che se l’occhio non è perfettamente in asse con il centro del reticolo il punto che vediamo nella croce e quello che il reticolo sta effettivamente mirando risultano leggermente sfasati.

Ovviamente ad una certa distanza l’immagine del target mirato appare esattamente sul medesimo piano del reticolo. Generalmente il cannocchiale è costruito per fissare questa distanza a 100 metri e solo a questa distanza – in cui il reticolo e il piano dell’immagine coincidono – anche se miriamo da posizioni “oblique” rispetto al cannocchiale ciò che vediamo nella “croce” è esattamente ciò che il cannocchiale sta effettivamente “mirando”. Si dice quindi in questo caso che il cannocchiale a 100 metri è “esente da parallasse”.

Se invece la distanza del bersaglio è superiore o inferiore a 100 metri, la sua immagine appare rispettivamente su un piano leggermente davanti o leggermente dietro al reticolo.

Per ovviare al problema, alcuni cannocchiali (di solito quelli con alti ingrandimenti) sono dotati del cosiddetto “correttore di parallasse”, cioè di un sistema che compensa lo sfasamento tra piano del reticolo e piano dell’immagine alle varie distanze di mira, rendendo lo strumento  “esente da parallasse” in ogni situazione grazie ad una ghiera da regolare in base alla distanza del target. Il funzionamento è demandato ad una lente interna al cannocchiale, che posizionando alla distanza corretta la ghiera del correttore va a portare il piano dell’immagine a sovrapporsi a quello del reticolo, rendendo il cannocchiale esente da parallasse a qualsiasi distanza. Interessante notare che anche marchi molto blasonati di ottiche da caccia mettono poca attenzione nella precisione del correttore di parallasse. Basta confrontarsi con cacciatori esperti ed armieri per sentir dire comunemente che spesso bisogna portare il correttore a 400 metri per azzerare l’errore su un bersaglio posto a 200 o cose simili.

Per verificare se il nostro cannocchiale ha errore di parallasse, basta mirare il bersaglio e spostare l’occhio leggermente in verticale o orizzontale. Se abbiamo la sensazione che il reticolo si “sposti” sul bersaglio, allora abbiamo un errore di parallasse e se vogliamo misurarlo basta che questo esercizio lo facciamo al poligono con un foglio di carta che riporti i centimetri.

A questo punto è interessante vedere gli effetti pratici dell’errore di parallasse – in mancanza di correttore – ricordando che se l’ottica è di alta qualità normalmente l’errore di parallasse può provocare, a 250 metri di distanza e mirando molto obliqui rispetto all’asse del cannocchiale, uno spostamento del punto d’impatto rispetto al punto mirato di circa 3.5 cm. “Inaccettabile” al poligono, ma non in grado di pregiudicare l’abbattimento a caccia. Non dimentichiamo che se osserviamo correttamente al centro del cannocchiale l’errore rimane zero.

Difficile allora con questi presupposti dare grande enfasi al “problema parallasse” nell’esercizio venatorio, salvo che quando si tira oltre i 300-350 metri. In realtà tutti sappiamo che molteplici sono i fattori che ci portano a sbagliare o peggio ancora a ferire un animale che – ne siamo certi – era posizionato perfettamente e alla distanza giusta eccetera eccetera…

Il primo di tutti – dopo la nostra malferma “mano” – è la debolezza strutturale delle ottiche economiche e anche di medio prezzo, incapaci di sostenere la forza del rinculo e destinate quindi dopo breve utilizzo a perdere affidabilità. La mancata precisione nel montaggio dell’ottica sul fucile è senza dubbio un altro elemento fondamentale.

Lasciando perdere poi gli aspetti meccanici e dando per scontata la perfetta taratura dell’arma, spesso si sbaglia per errata stima della distanza (mai a caccia senza telemetro!), per non aver tenuto conto del vento, perché ogni fucile comunque ha una sua “rosata”. Perfino l’altitudine ha il suo peso, e non trascurabile.

Se si combinano alcuni di questi fattori sarà facilissimo incappare in “inspiegabili” errori di tiro di 20 cm e più anche a distanze ragionevoli. Vista da questa prospettiva, la scelta di dotarsi di cannocchiale con correttore di parallasse risulta quindi comunque sensata in quanto elimina una delle componenti che portano effettivamente all’errore di tiro.

Ricordiamo che il correttore di parallasse è sì uno strumento di ulteriore precisione al servizio del cacciatore, ma anche un impegno imprescindibile a carico del cacciatore nel già delicato momento di tirare. Se il nostro cannocchiale ne è dotato, non si può infatti semplicemente ignorarlo in fase di mira, quando per esempio la distanza non è particolarmente elevata. Se il correttore di parallasse non è regolato alla distanza giusta, risulterà infatti impossibile mettere a fuoco sia il reticolo che l’animale mirato.

Concludiamo con un doveroso richiamo alla responsabilità che abbiamo quando andiamo a caccia e raccomandando quindi di usare sempre strumenti di alta qualità e provati di recente, di non sparare se la distanza è esagerata o se l’animale è in movimento. Meglio aspettare un’occasione migliore che rischiare di infliggere all’animale una lunga agonia.

 

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Il correttore di parallasse è la ghiera a sinistra di questi due cannocchiali, lo Z6 2.5-15×56 Swarovski (a sinistra) e il Magnus 2.4-16×56 di Leica, qui nel dettaglio nelle loro versioni con torretta balistica aperta.

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