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Campo visivo, ottica e punto rosso: realtà vs cataloghi.

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Il campo visivo nell’ottica e nel punto rosso è uno degli elementi più importanti su cui si scontrano le aziende produttrici di ottiche di eccellenza. I cataloghi riportano dati numerici che aiutano a guidare la scelta, ma quando si mira con due occhi aperti cambia tutto. Nei punti rossi conta solo ciò che vede chi mira, con enormi differenze tra le prestazioni dei prodotti al top.

Stessa distanza, stessa inquadratura, ecco l’ingombro della struttura del punto rosso rispetto alla pulizia di mira. Sopra il Leica Tempus ASPH, sotto Aimpoint Micro H2. Foto A. Capozzi.

Il campo visivo sui cataloghi dei cannocchiali

Il campo visivo nell’ottica e nel punto rosso. Le aziende produttrici di cannocchiali da caccia in battuta fanno a gara per mostrare ai cacciatori che il loro prodotto ha il campo visivo più grande.

Innanzitutto vediamo cosa significa campo visivo: è la porzione orizzontale di spazio inquadrata dall’ottica e si indica convenzionalmente in metri a 100 metri di distanza. Ha rilevanza a ingrandimento dell’ottica 1x (quello dell’occhio umano), in quanto è qui che si gioca la battaglia del tiro ravvicinato all’animale in movimento. Poiché l’ottica costringe l’occhio che mira a posizionarsi ad una certa distanza precisa dalla lente oculare  (tra i 7 e i 10cm a seconda dei prodotti, detta distanza della pupilla o eye relief)per beneficiare dell’immagine piena senza bordi neri, è facilmente misurabile -e confrontabile tra prodotti concorrenti- quanto spazio inquadra l’occhio a una certa distanza dal bersaglio.

D’altra parte, una tale costrizione porta l’occhio che mira a beneficiare soltanto dello spazio inquadrato dal cannocchiale e poco più. Mirando nell’ottica con un occhio solo, quasi tutto il resto dello spazio rimane cieco.

Allora, se il Leica Magnus i 1-6.3×24 e il Leica Fortis 6i 1-6×24, attualmente i più performanti sul mercato, arrivano -catalogo alla mano- a 44 metri di campo visivo a 100 metri di distanza, significa che a 100 metri di distanza se ne vedono ben 44 da un estremo all’altro del cerchio inquadrato dall’occhio attraverso l’ottica tenuta a ingrandimento 1x. Significa anche che a 10 metri di distanza si vedono ben 4,4m di spazio. Un’enormità, che permette di inquadrare bene l’animale che corre a distanza ravvicinata e di seguirlo fino al momento in cui si decide di tirare, senza che scappi fuori dalla mira e senza alcuna distorsione nell’immagine.

Esistono cannocchiali che partono da ingrandimenti inferiori a 1x, offrendo a questi ingrandimenti minori di quelli dell’occhio umano un campo visivo addirittura superiore, ma al prezzo di accettare immagini con forti distorsioni e soprattutto di non poter mirare con entrambi gli occhi aperti, a meno che ovviamente non si metta l’ottica a 1x; ma a 1x in questi prodotti il campo visivo e gli altri parametri che determinano l’immediatezza dell’acquisizione del bersaglio (pupilla d’uscita e dimensioni delle lenti oculari) non sono all’altezza delle ottiche migliori.

La riproduzione di quello che si può vedere inquadrando i cinghiali attraverso l’ottica. Il “Campo Visivo” indicato dai cataloghi è lo spazio, espresso in metri a 100 metri di distanza, da un lato all’altro del cerchio rappresentato dai confini dell’ottica.

Il campo visivo mirando con entrambi gli occhi aperti

Mirare  distanza ravvicinata con entrambi gli occhi aperti, se si tiene l’ottica a ingrandimento 1x, soprattutto con le ottiche migliori non solo è possibile ma anche assolutamente consigliabile. È questo che apre la questione del campo visivo nella realtà rispetto al catalogo.

Se per mirare si aprono tutti e due gli occhi, con l’ottica a 1x (stesso ingrandimento dell’occhio umano), avremo ovviamente accesso a un campo visivo virtualmente totale, in quanto l’occhio “rinchiuso” all’interno dell’ottica ma aiutato dal reticolo illuminato proverà naturalmente a fondersi nel mirare con l’altro occhio aperto.

Quanto questo sia possibile dipende da tre fattori:

Il primo ovviamente permette all’occhio che mira attraverso l’ottica di inquadrare uno spazio molto ampio. La seconda invece permette allo stesso occhio, o meglio alla pupilla, di avere uno spazio utile per mirare nell’ottica molto più grande di lei, con il risultato che se anche -nella foga della stoccata- la pupilla non fosse perfettamente in asse col cannocchiale- riuscirebbe comunque ad acquisire con successo il bersaglio. A questo proposito, si pensi che il Leica Magnus 1-6.3×24 (e identicamente il Leica Fortis 1-6×24) ha ben il 53% in più di pupilla d’uscita rispetto per esempio allo Swarovski 1-8×24 (12.4mm contro 8.1mm cataloghi alla mano), e questo spiega a chi fa confronti sul campo molte cose, che il piccolo vantaggio -pur sempre a favore di Leica- di 44 m contro 42m sul campo visivo da solo non riesce a chiarire.

A sinistra, la pupilla d’uscita del Leica Magnus 1-6.3×24 a ingrandimento 1x, a destra quella dello Swarovski Z8i 1-8×24, sempre a 1x. Se nella foga dell’imbracciata la pupilla del cacciatore non cade esattamente al centro della mira, con il Magnus l’acquisizione del bersaglio risulterà molto più rapida.

Il terzo in parte determina il secondo, in quanto più grande è il gruppo di lenti dell’oculare nel cannocchiale e più sarà facile che l’occhio si trovi a suo agio nel mirare.

Dicevamo che la pupilla d’uscita spiega molte cose. Chi mira infatti attraverso il Magnus 1-6.3×24 (o il Fortis 1-6×24), a ingrandimento 1x, con entrambi gli occhi aperti, in realtà non vede altro che tutto lo spazio inquadrato da entrambi gli occhi e un reticolo con punto centrale illuminato. La struttura tonda e nera dell’ottica sparisce magicamente dall’inquadratura, lasciando al cacciatore, di fatto, il 100% del campo visivo.

Ecco la differenza tra catalogo e realtà. Se si utilizzano altre marche di cannocchiali da battuta di alta qualità arriveremo vicino a questo risultato, ma sempre vedendo un po’ della struttura del cannocchiale a disturbare l’utilizzo del totale del campo visivo a disposizione dei due occhi. Per finire, campo visivo, pupilla d’uscita e oculare sovradimensionato aiutano naturalmente molto anche nell’efficacia e nella pulizia di mira a ingrandimenti maggiori, quando si mira verso animali che si muovono su distanze elevate.

La sagoma inconfondibile del Leica Magnus 1-6.3×24
Il Fortis 6i 1-6×24, identico nelle prestazioni al Magnus salvo sostanzialmente per l’ingrandimento massimo leggerissimamente inferiore, per le diverse dimensioni della ghiera degli ingrandimenti e per il sistema di illuminazione del reticolo posto sulla torretta laterale invece che sopra all’oculare.

Il campo visivo nei punti rossi

Se portiamo il discorso del campo visivo sui sistemi di mira a punto rosso arriviamo, in modo anche molto più semplice vista la minore complessità degli strumenti, a conclusioni pragmatiche molto simili.

Nei punti rossi non esiste il dato da catalogo per il campo visivo, ma soltanto la sensazione che ha il cacciatore quando mira. Questo perché non esiste la distanza della pupilla d’uscita, in quanto il cacciatore mira alla distanza dal punto rosso che gli viene più congeniale, e la costruzione supercompatta di questo tipo di strumenti permette di vedere molto più di ciò che inquadra lo strumento anche se si mira con un occhio solo.

Mirare con il Tempus

Se però si prova a mirare con un solo occhio attraverso il proprio punto rosso, e poi si apre anche l’altro, immaginando che il cinghiale arrivi dalla parte dell’occhio “libero” il guadagno in termini di di tempo per acquisire il bersaglio e prepararsi al tiro è enorme e determinante. E, soprattutto, è enorme il vantaggio che si ha con uno strumento che interrompa meno possibile la mira quando l’animale in corsa passa attraverso lo spazio occupato dalla struttura esterna dello strumento.

Massimo Vallini, Direttore di Armi e Tiro, alle prese con il cinghiale corrente a 50 metri, con il Leica Tempus ed entrambi gli occhi aperti.

Anche qui Leica, per ora solo lei, è riuscita nel “miracolo” di eliminare virtualmente dalla mira ad entrambi gli occhi aperti la visione della struttura nera dell’alloggiamento metallico introno alla lente del punto rosso. In questo caso il merito è del calcolo ottico dietro al disegno della lente asferica che equipaggia il Leica Tempus Asph, che produce la totale assenza di distorsioni nell’immagine quando si mira in movimento e, appunto, la sensazione che il “ferro” della struttura dello strumento scompaia. Con il campo visivo totale, davanti a noi c’è solo il cinghiale che corre, e la differenza di libertà di acquisizione del bersaglio, rispetto ad altri prodotti molto quotati, è abissale.

Al Tempus piacciono i grossi verri…

Approfondimenti


<<Dopo averne provati diversi, e dalle foto potrete vedere facilmente quali, mi sento di dire che non vi è nessun concorrente che può al momento impensierire il Leica Tempus nella leadership.>> Alfredo Capozzi


“Clicca qui per l’articolo comparativo sui punti rossi di Alfredo Capozzi

<<Il Leica è un vero e proprio jolly tuttofare, nitido nell’immagine, con contrasti scolpiti e fedeltà cromatica assoluta, con entrambi gli occhi aperti e la sensazione visiva che la struttura dello strumento virtualmente non esista. Sono stato tra i primi ad usare il collimatore elettronico a “Punto Rosso” nella caccia al cinghiale in battuta e avendola praticata intensamente per tantissimi anni, posso garantirvi che è il sistema di mira più idoneo per questo genere di caccia.>> Marco Benecchi

Clicca qui per l’articolo comparativo sui punti rossi di Marco Benecchi

Nota: Chi scrive è di parte relativamente a Leica Sport Optics, pertanto il contenuto di questo articolo, pur essendo a nostro avviso tecnicamente ineccepibile, è chiaramente di parte.

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