Vi siete mai chiesti cosa ci sia dietro una bella storia di caccia in tv? La verità e tutti i segreti -senza censura e con un po’ di autoironia- che in televisione non vedrete mai.

L'autore nel momento culminante del tiro, "sorvegliato" da Bepi Audino, protagonista di tante avventure su Caccia e Pesca TV, filmate dalla sapiente telecamera di Bobo Audino, regista di questo film. Le fotografie sono di Matteo Martinoglio, con quella fantastica fotocamera che è la Leica Q2.
Eccomi nel momento culminante del tiro, “sorvegliato” da Bepi Audino, protagonista di tante avventure su Caccia e Pesca TV, filmate dalla sapiente telecamera di Bobo Audino, regista di questo film. Le fotografie sono di Matteo Martinoglio, con quella fantastica fotocamera che è la Leica Q2.

Come nasce un film di caccia? Per la prima volta il racconto, le immagini e i video che svelano tutti i segreti e i dettagli – anche quelli di cui c’è poco da vantarsi- che in televisione non appaiono- di una avventura al camoscio densa di sorprese, che sarà raccontata a breve su Caccia e Pesca Tv da Bobo Audino.

PREMESSA: L’autore nell’esercizio della caccia ha indossato regolarmente il gilet arancione ad alta visibilità come prevede la normativa locale. Nelle immagini di questo articolo non lo indossa solo per esigenze di scena.

Il Film su Caccia e Pesca TV. Anticipazione

Alpi Piemontesi, inizio di Novembre, primissima neve, all’alba. Nella fantastica riserva del nostro splendido ospite va in scena per Caccia e Pesca TV una storia di caccia al camoscio. L’obiettivo è di raccontarla mostrando come si caccia oggi utilizzando la tecnologia Leica più recente.

Quella termica per trovare rapidamente gli animali seminascosti nella vegetazione e poi per scovare più facilmente il capo abbattuto, la miniaturizzazione del binotelemetro con obiettivo da 32 millimetri, i miracoli di precisione delle funzioni balistiche per i tiri lunghi, quella del GPS associato al telemetro per essere guidati sull’anschuss dopo il tiro.

La rivoluzione termica aggiunge uno strumento al collo del cacciatore, togliendo al binocolo le funzioni di ricerca che ne richiedono un uso prolungato e stancante per gli occhi, con la conseguenza che 32mm spodesta 42mm come diametro ideale del binocolo da caccia.

Ma di questo vi parlerà a breve il film su Caccia e Pesca TV.

calonox e geovid pro
Con Bepi Audino, protagonista di tanti bellissimi filmati su Caccia e Pesca, mentre pontifichiamo dopo il tiro davanti alla sapiente telecamera di Bobo Audino, regista del Film. Le foto sono di Matteo Martinoglio, con quella fantastica fotocamera che è la Leica Q2.

Come nasce un film di caccia: iI racconto semiserio di cosa succede dietro la telecamera.

Noi invece qui vi raccontiamo, probabilmente per la prima volta in una pubblicazione scritta, i retroscena di come nasce un film di caccia, i dettagli divertenti, quelli che vengono tagliati perchè mostrerebbero quanto è scarso il cacciatore. E poi la verità dietro alla presunta fatica per arrivare al tiro, quella della vera fatica per arrivare a portare a casa l’animale; insomma, tutto quello che chi è curioso di sapere cosa c’è dietro ad un film di caccia potrebbe chiedersi. Vi raccontiamo ovviamente anche la storia della cacciata. Buon divertimento!

La valle alpina -fantastica- teatro della caccia di oggi. A destra, dove si vede la prima curva a gomito, l’autore -salito 20 passi sopra la strada- non è stato in grado -per almeno 5 minuti- di posizionare la carabina a terra tra le pietre per tirare uno di tre becchi che col pelo ritto degli amori sono rimasti a disposizione prima di andarsene, più annoiati che preoccupati. Al centro della valle c’è un ruscello, dove cadrà la cerva attaccata poi dai grifoni. In alto a destra sul primo prato oltre il limite della vegetazione, nella prima neve, la zona della caccia al becco.

Un buon film di caccia è figlio di un bellissimo luogo ricco di fauna, di azioni di caccia avvincenti, di protagonisti appassionati e affiatati e di un grande regista che progetta e mette tutto insieme.

I protagonisti

Quando sei un bambino e porti il pallone, puoi essere il più scarso ma sei graniticamente certo di giocare.

Non so perchè stia scrivendo questo, ma alla Leica Sport Optics in Italia comando io, e Leica ha pagato al canale Caccia e Pesca TV un po’ di soldini per sponsorizzare questo film di caccia. Indovinate chi è l’attore protagonista, cui è toccato lo sforzo di andare a caccia di camosci in paradiso?

Detto questo sulle referenze della star del film, cercherò di salvarmi aggiungendo che la squadra che lo realizza è seriamente un vero dream team di gente estremamente competente e con cui l’affiatamento è cosa facile, e l’ho scelta io.

Il team che ha realizzato il film al completo, da sinistra il padrone di casa Roberto Viglietta ospite perfetto e molto competente, Bepi Audino attore accompagnatore e Grande Sacerdote della conoscenza dell’ungulato, Francesco Corrà attore protagonista in quanto sponsor del film, Bobo Audino regista ineccepibile, Matteo Martinoglio ottimo fotografo di scena, le foto e i video di questo articolo sono tutti suoi.

Chi è assiduo su Caccia e Pesca TV non può non adorare la gentile e divertita saggezza con cui Bepi Audino racconta la natura e la caccia a palla in montagna alla telecamera piena di poesia e di sprezzo della fatica di suo figlio Bobo. Sono due persone meravigliose, appassionati ed assatanati cacciatori con il papà che è certamente uno dei padri della caccia di selezione in Italia, e il figlio che è oggettivamente tra i migliori film maker venatori del nostro paese.

Matteo Martinoglio lavora insieme con me da 10 anni, chi è nella caccia a palla in Italia lo conosce. E’ un eccellente fotografo, sa tirar fuori il meglio da una grande fotocamera, e sa di caccia e tiro, di caccia e cucina, di caccia e tutto quello che c’entra con la caccia.

Come deve essere per i veri cacciatori, in effetti siamo anche tutti appassionati di gastronomia venatoria, Bobo e Matteo hanno addirittura profili instagram dedicati (caccia_e_pepe per Bobo, eat.what.u.kill per Matteo); passione che porta a discussioni sul tema piuttosto monotematiche, gioia per chi le ama come me, tedio terribile per chi incappasse in un invito a cena aggiunto al nostro tavolo. Tanto per far capire, a casa Audino quel gran cuoco del Bepi la sera mi ha deliziato ridendosela con la sua pietanza a sorpresa, palle di cinghiale in padella con aglio e prezzemolo. Eccellenti, a onor del vero.

Roberto Viglietta invece non lo conoscevo, la sua naturalezza nell’accoglierci nel suo fantastico regno comportandosi come un compagno di caccia invece che come un padrone è propria dei veri Signori.

L’alba di un film

Bene, un film di caccia inizia all’alba, con un po’ di registrazioni assonnate per far capire a chi guarda che è l’alba e che gli amici vanno a caccia in un certo posto, cosa hanno intenzione di fare, che aspettative hanno.

Da quando c’è il visore termico, il film di caccia inizia prima, perchè ancora a buio si comincia a scandagliare l’ambiente alla ricerca degli animali che qui, meraviglia, non c’è bisogno di artifici per trovare a bizzeffe tra camosci e cervi, senza farsi mancare caprioli, stambecchi, aquile e perfino i grifoni.

Così iniziano le operazioni per girare un film di caccia.

Per chi fosse interessato, ecco un po’ di filmati fatti con il visore termico Leica Calonox View, che mostrano quanti animali si potevano vedere a 360 gradi nel perimetro intorno alla casa di caccia, alle prime luci del giorno.

Dal retro della casa di caccia, all’alba, neri come formiche un bel gruppo di cervi ai piedi delle rocce tra i 700 e gli 800 metri, poi altri sulla destra. Il colore del manto adesso è identico a quello dell’erba secca, vederli col binocolo è veramente un’impresa ardua.
Davanti alla facciata della baita, tra i 700 e gli 800 metri di distanza, conto col Calonox View 14 cervi e li indico a Bepi e Roberto. In tre col binocolo, sapendo dov’erano , abbiamo impiegato minuti a vederne uno, quando si è affacciato fuori dai pini
Sul crinale visibile dal lato destro della baita, a 740 metri si mostrano due camosci.

Partenza verso il regno dei camosci

A giorno fatto, visto che andiamo a camosci ed è nuvoloso tendente alla pioviggine o forse al nevischio, bisogna trovare il coraggio di abbandonare le chiacchiere e sfidare le rocce, il dislivello e le intemperie iniziando a prendere le distanze dalla baita e dalla sua ammaliante, calda caffettiera.

Il camoscio è animale di roccia e l’idea è di cercarlo inerpicandosi su per la valle principale nella parte bassa del costone destro, lungo un tratturo sassoso che porta da 1500 a oltre 2000 metri di altitudine.

Io ero davvero elettrizzato all’idea di farmi una bella scarpinata con clima umidiccio e zaino + schioppo in spalla, e invece sono stato costretto a prendere posto – davanti- su uno spettacolare quad superaccessoriato e pure confortevolmente chiuso a mo’ di automobile, che sono certo Bobo Audino farà sparire sapientemente dal film per preservare la mia onorabilità di predatore impavido delle montagne.

Altro che gambe! Ecco il mezzo che sarà di certo sapientemente censurato nel film.

Per averli individuati con il visore termico da distanza superiore ai 1500 metri sapevamo fin da subito che gli animali erano dove ci si aspettava che fossero (di questi tempi con i nuovi predatori non è mai ovvio), appena oltre il limite della vegetazione; quindi partiamo belli contenti, Roberto alla guida, io e Bepi nell’abitacolo, Bobo e Matteo a godersi l’aria fresca nel cassone posteriore.

Bobo e Matteo, il duo del cassone..
Il nostro obiettivo visto dal prato sottostante la baita, ci aspettiamo animali già appena oltre gli ultimi larici a destra, ma l’idea è di arrivare dove si vede la neve. Circa 1600 metri dal punto di osservazione.
1600 metri di distanza dall’osservatore, ecco un branco di camosci in mezzo alla neve, sufficiente a farci stare tranquilli e andare in quella direzione.

Il cervo lo sa, quando non è nei piani della giornata!

200 metri di Quad e i due del cassone battono sul tetto furiosamente, col mezzo che si spopola in un attimo per lasciarci godere un 14 punte favoloso che riposa dopo aver auspicabilmente tramandato il suo DNA, brucando in pace in un praticello a meno di 400 metri dai suoi, per questa volta inoffensivi, potenziali predatori.

Bobo prepara rapidamente videocamera e lungo+smartphone sul treppiede, con lo smartphone a filmare in primissimo piano quello che la videocamera mostra ambientato.

Il tutto mentre partono idee geniali -da branchetto di lupi- tese a mettere in dubbio la necessità di rispettare il piano di abbattimento odierno, che di cervi coronati non ne prevede proprio.

Non so se si vedranno queste scene nel film, ma di certo si vedrà uno splendido maschio coronato al pascolo.

Il grande cacciatore e l’appoggio per il tiro

Adesso basta, facciamo sul serio. Il 4×4 sale lungo il fianco della montagna e il padrone di casa si appresta a raccomandare attenzione, tra le pietraie che salgono alla nostra destra è facile vedere un becco, che ci viene ricordato essere l’obiettivo della nostra caccia.

Bobo occhio di falco batte quasi subito di nuovo sul tetto, i becchi sono tre, a circa 300 metri, scendere tutti ed entrare in azione! Si riunisce il consiglio di guerra e decidiamo che Matteo governa l’Apo Televid 82 con lo smartphone puntato sugli animali in primo piano dalla strada per filmare l’impatto del proiettile al rallentatore, mentre Bobo ed io affrontiamo i 20 (sì, venti) metri di arrampicata tra le pietre per posizionarci e tirare -io-, filmare me che tiro -lui.

Se penso a come nasce un film di caccia, questo non lo vedrete mai; non che me ne vergogni, ma il resto della giornata ha regalato cose più interessanti di un cacciatore di montagna con 32 licenze che per cinque interminabili minuti non è riuscito a trovare tra le pietre l’appoggio ideale per il suo K95 con bipiede. Così è andata, con i tre becchi a trascinarsi lentamente verso zone coperte, ed il sottoscritto a riflettere sul fatto che trovare l’appoggio tra i sassi non è così ovvio come credevo. Sono montanaro, ma dalle mie parti di pietraie e ghiaioni non ce ne sono. Immaginate la delusione di un uomo maturo e saggio come Bepi Audino, che teneva più di tutti al mio successo venatorio, e che a stento deve essersi trattenuto dal prendere la sua carabina e sistemare la questione. Non ha invece trattenuto tutti i complimenti che ho incassato, meritatissimi!

La cerva sottile, per i golosi.

Niente paura, siamo pragmatici e proseguiamo, da parte mia faccio tesoro di aver simulato appoggi su pietra per qualche minuto, in modo da illudermi di non farmi più trovare impreparato.

Un irresistibile branchetto di una decina tra cerve e piccoli ci attraversa la strada al piccolo trotto, scende verso il ruscello a fondo valle per poi risalire lentamente dall’altra parte, a cavallo dei 200 metri di distanza.

Roberto mi invita a tirare una sottile, sa quanto mi piace la carne di cervo giovane e anche agli altri non dispiacerebbe portare a casa un po’ di carne di qualità superiore, anche se l’idea reale è di aggiungere contenuti al film e soprattutto di mettere in padella filetti e cuore subito al ritorno in baita, quelli di frollatura non ne hanno bisogno.

Un bravo regista come Bobo sa come riprendere una scena del genere, enfatizzando la bellezza dell’ambiente e trascurando strada, gruppo di 5 persone a caccia e quad.

Non me lo faccio ripetere e questa volta mi sdraio sul ciglio con il k95 270 Winchester sul bipiede, osservo con la coda dell’occhio Bepi che si posiziona a sua volta -diffidente- per rimediare a eventuali ulteriori defaillance del sottoscritto e scelgo l’ultima della carovana, una sottile, che incassa la mia Hasler Ariete da 122 grani e fa qualche passo verso l’alto, prima di rovinare giù fino all’acqua.

Bepi non ci crede e vedendo che ho tirato imperdonabilmente all’animale in movimento, che non cade subito, lascia partire a sua volta un colpo, proprio nel momento in cui la cerva crolla. Chi vuole può vedere tutto documentato da Matteo nel video qui sotto.

la sequenza dell’abbattimento della sottile, con il secondo colpo esattamente quando l’animale crolla, schivandolo.

Decidiamo di scendere ed eviscerarla e poi lasciarla sul ruscello, per andare a cercare un camoscio e poi tornare a riprenderla in un paio d’ore, favoriti dalla temperatura che è intorno allo zero.

Pessima idea che lascia spazio all’azione della Natura straordinaria di questi luoghi, come vi racconterò a breve.

Il sospirato becco

Il cielo è sempre più grigio e aspettiamo i primi fiocchi, la visibilità è ottima e la valle deserta, perfetto per scollinare oltre gli ultimi larici e raggiungere senza sudare il regno dei camosci, nella conca enorme che si trova oltre i 2000 metri di altitudine.

Non è una grande pendenza, anche a piedi sarebbe stato un giro veramente bello, ma il quad permette tra l’altro di trasportare più facilmente l’attrezzatura. Stiamo facendo un film, non stiamo andando a caccia, smettetela di storcere il naso!

Evviva il bendiddio di animali che si mostrano in lontananza da ogni parte appena si alza il visore termico, vari branchi di camosci ma persino un maschio di stambecco che fa capolino su un crinale. Una volta era pieno di mufloni, prima che una certa specie di predatori formidabili colonizzasse la zona, virtualmente estinguendoli.

In realtà a differenza di caprioli, cervi e stambecchi che hanno il manto perfettamente mimetizzato rispetto all’erba secca di questa stagione e che saltano all’occhio solo col visore termico, i punti neri rappresentati dai camosci spesso si lasciano vedere non solo col binocolo, ma anche a occhio nudo. Se ci sono rocce o bosco cambia tutto, lì i camosci spariscono di nuovo e solo il termico li scova in un attimo.

Alla nostra sinistra, nel prato vicino allo scollinamento, a circa 600 metri di distanza pascolano 4 camosci, come si vede nel filmato termico del Calonox View qui sotto.
I 4 camosci che pascolano sul passo, ripresi a mano libera con il visore termico nella modalità nerocaldo e biancocaldo
La spettacolare processione di camosci che sfilano lentamente alla nostra destra, circa 500 metri la distanza.

Saliamo ancora. Non deve stupire che ancora una volta, in realtà, il camoscio con cui prendersela sia stato avvistato dal duo delle sentinelle sul cassone del quad, circa 400 metri a destra verso le rocce, questa volta da solo. Un animale in forze e visibilmente pronto agli amori, di età subito stimabile ad una rapida occhiata col lungo come piuttosto giovane. In questo periodo si capisce che è maschio davvero facilmente.

La troupe di Hollywood evacua nuovamente il quad con la massima rapidità e con gli automatismi di una squadra che gioca insieme da sempre. Matteo si mette al lungo con lo smartphone, Bobo impugna la videocamera, Roberto da il placet all’abbattimento dopo aver appurato che è un maschio di classe media, Bepi ed io teniamo un rapido consulto per fugare ogni dubbio e ci avviciniamo poche decine di passi. Sono ben oltre 300 metri, occasione per apprezzare le funzioni balistiche del nuovo Geovid Pro 8×32 che equipaggia entrambi, e che si è preso dalla APP i dati delle nostre armi, palle e ottiche.

L’angolo di sito è importante, quindi i clic riflettono una distanza compensata inferiore a 300 metri.

La app collegata al Geovid PRO mostra i dati di misurazione, quello che conta sono 4 clic da dare alla torretta verticale. Sono 289 metri con 25 gradi di angolo di sito.

Non è questione di pigrizia, perchè quando devi andare a prendere un animale dopo il tiro la distanza tra te e lui la devi percorrere comunque.

Nel cervello di chi pensa prima all’uovo che alla gallina, tuttavia, la prospettiva di posizionarsi a due passi dalla strada, lasciando il grosso della distanza alla fase del recupero e per evitare un avvicinamento a rischio fuga fanno propendere la decisione rapidamente verso il tiro a lunga distanza.

Poco onorevole, ma se qualcuno vuole essere indulgente diremo che in un film di caccia bisogna cercare di fare l’abbattimento, potrebbe essere una giustificazione sufficiente a evitare che scuotiate la testa anche su questo?

Alta strategia nella preparazione al tiro, sul ciglio della strada.

Mentre mi preparo a sparare, con Bobo lì vicino a riprendermi come un angelo custode e il becco che non da segni di essere infastidito dai nostri movimenti, vedo nuovamente che Bepi ricorda ancora le mie gesta di pochi minuti prima, e si posiziona nuovamente con la carabina, pronto a doppiare il colpo e a salvare le apparenze e la reputazione dell’attore protagonista, come spesso aimè avviene nei film di caccia. A dire il vero quando il regista è senza scrupoli avviene anche ben di peggio…

Pronto a sparare, il becco non si vede perchè è lontano, ma è a destra del larice solitario sul bordo della foto, a fianco della sua cima.

Tutti pronti! Bepi a doppiare, ovviamente non ripreso, io con Bobo che silenziosamente mi riprende da tutte le angolazioni, Matteo che si occupa sia del primo piano sul camoscio che della ripresa del tiro con il visore termico, per evidenziare il comportamento dell’arma rispetto al calore sprigionato dall’esplosione della polvere.

Come spesso mi capita, il Calonox si dimostra perfetto ad aggiungere quel po’ di spessore che manca per posizionare perfettamente il calcio in modo che il reticolo cada perfettamente sulla spalla dell’ignaro becco.

Va bene che sono autoironico e non mi tiro indietro se c’è da mostrare i miei limiti, ma dopo tutti questi anni di caccia, con la tecnologia di cui dispongo e pure con il bipiede, certe padelle per fortuna tendo a non farle; con sollievo di Bepi, che nella seconda parte della giornata ha ricominciato a guardarmi con un po’ di rispetto.

Per chi apprezza il rallenty, di seguito gli attimi del tiro, dalla prospettiva del cacciatore, e poi in primo piano sull’animale.

Il momento del tiro, al rallentatore
L’attimo in cui la palla colpisce il camoscio, che farà circa venti metri prima di fermarsi, e cadere poco dopo.

Il becco è morto, tempo di sorrisi e strette di mano, di qualche commento alla video camera, prima di filmare il recupero.

Non è che si potesse pretendere che il camoscio rotolasse autonomamente fino ai miei piedi, ma la povera bestia ha finito i suoi giorni qualche decina di secondi dopo essere riuscita a sdraiarsi prima che le forze la abbandonassero, quindi almeno la fatica di fare trecento metri con pendenza di 25 gradi per onorarla dell’ultimo pasto l’abbiamo fatta.

Matteo, non una piuma, scatta leggero come se fosse in discesa e precede me e Bobo nella scalata verso il capo, aspettandoci per fotografare la scena.

Bobo credo che avrebbe potuto arrivare su un piede solo, ma per pietà verso la mia scarsa condizione fisica si ferma di tanto in tanto a riprendermi e ad aspettarmi. 300 metri in salita non uccidono nessuno, ma per sudore e fiatone sono sufficienti!

Ne approfittiamo per testare la nuova applicazione che permette al Geovid 8×32 PRO in collaborazione con la sua APP sullo smartphone di accompagnarti letteralmente fino all’anschuss.

leica pro track
il Geovid fa da telemetro e bussola, la APP col GPS trasforma tutto in metri che mancano al punto d’impatto, con Google Maps o Basemap se prende il segnale telecom, con freccia direzionale come in questo caso se non prende. Per gioco, visto che l’animale è sempre stato a vista, abbiamo visto ridurre pian piano fino a zero i 332 metri iniziali.
Dall’alto verso il basso si capisce meglio cosa significano 25 gradi di angolo di sito.

Si sale, si racconta la propria emozione, e si scende trascinando il becco con la corda.

E due uccelli enormi e maestosi scendono in picchiata…

Durante le grandi operazioni precedenti il tiro al becco, uno di noi richiama l’attenzione di tutti su due uccelli enormi alti sopra di noi, che le ali rivolte leggermente in avanti tradiscono essere grifoni, ad ali spiegate in spostamento lento e apparentemente senza una meta precisa.

Li hanno liberati in Francia tempo fa, mi spiegano, e adesso vederli non è più così raro. Ciò che costringe noi genii a ragionare sulla differenza tra indizio e pura coincidenza è il fatto che vanno verso valle, e che a un certo punto chiudono le ali come F14 Tomcat dei tempi di Top Gun e picchiano apparentemente proprio nella direzione della nostra cerva.

Come è possibile che l’abbiano vista, da così in alto? Certamente scendono per altri motivi verso altri luoghi! O forse no.

Tra tiro, recupero del becco e ritorno a scollinare verso valle tra i larici e le pietraie passano meno di due ore dall’abbandono della cerva sul ruscello, e per quando siamo in grado di buttare l’occhio verso il punto in cui giace tutti noi abbiamo avuto il tempo di convincerci che quei due sono andati proprio là. Una fantastica opportunità di chiudere il film con qualcosa di fantastico, dal sapore africano. L’avvoltoio che attacca il cadavere, roba da Serengeti.

Beh, erano 9.

Forse i primi erano stati attratti dal movimento dei corvi imperiali, arrivati subito sull’animale.

Uno ad uno, furbi come un pica pica quando vede un cacciatore da lontanissimo, prima che Bobo potesse fare primi piani decenti sono partiti per piazzarsi a oltre un chilometro su una roccia nel versante opposto della valle. Ecco quello che siamo riusciti a filmare con il lungo e lo smartphone.

Gli ultimi grifoni lasciano, uno a uno, la spoglia della cerva.

Quando 9 grifoni più vari corvi imperiali attaccano la spoglia fresca fresca di una cerva di 80 chili messa con la pancia in giù, con cuore e fegato in bella mostra su una pietra, il risultato dopo poco più di un’ora è che spariscono completamente le interiora che erano poco più in là, oltre agli occhi.

Le orecchie vengono ridotte a moncherini. Qualcuno deve aver infilato la testa, allargandolo, nel foro di uscita della palla nel costato, e da lì fa scempio dei filetti e del costato stesso, dall’interno.

Ma addirittura si fanno largo dal posteriore, andando sotto la pelle e risalendo dalle cosce fino a almeno un terzo dei miei adorati controfiletti. Spazzini, ma che buongustai, maledetti!

Recuperare una cerva è sempre recuperare una cerva

Telecamere spente, la storia continua.

La fatica è un’altra cosa, ma il quad non può andare proprio ovunque e quando hai un animale sul fondo della valle in qualche modo lo devi portare fino alla strada.

Corde in mano, regista-fotografo-attore a darsi il cambio per tirare su quel che resta della cerva, prima tra le pietre del greto, poi su per una carraia interrotta da frane.

Appesa nel macello della baita, il danno si conferma gravissimo. Abbiamo recuperato metà delle cosce, metà scarsa dei lombi, tutto il collo e le spalle. Coi resti dei lombi abbiamo fatto un pranzo sublime, scottati appena da Bobo in padella a medaglioni.

Hamburger di cerva, la ricetta.

Non potendo frollare in pelo come si deve un animale a brandelli, ci siamo divisi la carne come si fa dopo una braccata e coi miei 5 kg di magro puliti che ho portato a casa ho fatto 50 hamburger che ora sono sottovuoto in pacchi da 3 pezzi, per la gioia della famiglia e degli amici.

Per chi fosse interessato, metto nel tritacarne il magrissimo (senza tessuto connettivo o grasso, tendini etc, solo muscolo) con il 10% di guanciale di maiale, aggiungo un uovo e uno grosso spicchio di aglio tritato fine ogni 2kg, cannella, noce moscata, sale pepe e aromi misti, un pizzico di curry e una spolverata di porcini secchi ridotti in polvere col mixer. Fantastici!

Servizio completo..

Il becco di 4 anni, in ottima salute e ricco di grasso, arriva alla baita perfetto, con pochissimi danni per effetto del proiettile, per essere eviscerato magistralmente da Bobo, che ha utilizzato il suo set da macello svedese della Eka, alta qualità!.

L’animale è mio, me lo ha regalato il padrone di casa, sono felice di portarlo col pelo nella mia cella per tenerlo un paio di settimane a 2 gradi, prima di tirar fuori lombi, cosce, spalle e collo per cotture quanto più brevi possibili, o crudi, o magari anche bolliti, il brodo di camoscio per me è fantastico. Amo anche il fegato, ma quello è andato perduto, rovinato dal proiettile.

A casa mia, la caccia finisce sempre in cucina.

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