La storia di una esperienza di caccia estrema a 5500 metri di altitudine, con tiri che chi conosce questa caccia sa essere spesso necessariamente ad oltre 500 metri, condizioni proibitive dove il Geovid HD-B ha trionfato, perfetto nei clic che ha consegnato alla torretta del cannocchiale. Grazie a Stefano Stanghellini per avercela raccontata.

 

Stefano Stanghellini con la sua pecora di Marco Polo
Stefano Stanghellini con la sua pecora di Marco Polo

Settembre 2017. Hotspring, campo base, 4200 metri di quota sulle montagne del Pamir, Tagikistan. Qui inizia l’avventura di Stefano Stanghellini alla ricerca della pecora di Marco Polo e dell’Ibex, due animali leggendari per rarità, bellezza, luoghi remoti e normalmente distanze di tiro necessarie.

Arrivarci è già una piccola impresa: Stefano vola da Milano via Instambul fino alla capitale del Tagikistan, Dushambe. Qui parte un viaggio in fuoristrada di una notte fino alla capitale del Pamir, che è già a 2000 metri di quota. Da qui, al mattino, l’ultimo tragitto di circa otto ore, in mezzo a paesaggi spettacolari, fino a Hot Spring, il campo base.

Hot Spring, il campo base a 4200 metri
Hot Spring, il campo base a 4200 metri

IMG-20171115-WA0012

il paesaggio intorno al campo base
il paesaggio intorno al campo base

Siamo a metà settembre, tempo dell’apertura della caccia. Il clima della settimana è straordinariamente mite, con escursione termica tra i -5 e i +15 gradi, ma è andata decisamente bene, perchè a queste quote potrebbe fare molto più freddo. La preparazione fisica è fondamentale, e Stefano arriva dopo oltre 4 mesi di allenamenti in palestra, adottando anche sul posto tutte le precauzioni che vengono suggerite dall’organizzazione.

Il rovescio della medaglia è che la neve è alle quote più alte, e gli animali anche. Raggiungerli significa camminare per non più di venti passi e rifiatare, per portarsi in punti con ampia visibilità e provare ad avvistare i piccoli branchi, in cui sperare di individuare il capo giusto da avvicinare.

L’avvicinamento in un paesaggio lunare come questo è particolarmente difficile, le pecore e gli stambecchi sono molto sensibili e avvistano o avventano facilmente i cacciatori da lontano, portandosi rapidamente fuori tiro. Stefano ci racconta di grandi conciliaboli strategici con le guide per decidere ogni volta come avvicinare gli animali, e di svariati fallimenti soprattutto dovuti al variare della direzione del vento.

IMG-20171115-WA0013

 

Stefano non lascia niente al caso nemmeno nella strumentazione. La carabina è una M.A.G. in 300 WSM con palla Hasler da 159 grani, ottica Nightforce 8-32×56 con 1/8 di MOA per clic sulla torretta.

Stefano ha portato con sè saggiamente (chi si fiderebbe ciecamente dell’elettronica a 5000 metri di quota alzi la mano) una tabella stampata su carta per la compensazione, ma il suo binotelemetro è un Geovid 8×42 HD-B, nella cui pancia ha inserito -a casa- la scheda microSD con i dati balistici della palla (peso, velocità e coefficiente balistico), l’altitudine e la distanza di azzeramento dell’arma. Il menu del Geovid è regolato per dare al cacciatore in mezzo secondo il numero di clic (da 1/8 di MOA ovvero circa 3.5cm a 100m) in base a distanza, temperatura, altitudine, angolo di sito e palla utilizzata. Decine di prove e confronti al campo base confermano che il Geovid e la tabella di carta parlano letteralmente la stessa lingua, e così a caccia ci si decide di buon grado a fidarsi del binocolo.

I tecnici Leica, interrogati prima, hanno garantito sui modelli più recenti la perfetta funzionalità fino a -15° e con pressioni atmosferiche al limite di 6000 metri di altitudine. Il fatto che anche il titolare dell’agenzia che organizza la caccia nella zona abbia lo stesso strumento è una buona garanzia, ma sia Stefano che noi in Italia siamo in attesa della conferma sul campo.

Stefano Stanghellini con il suo Geovid 8x42 HD-B nell'avvicinamento al crinale
Stefano Stanghellini con il suo Geovid 8×42 HD-B nell’avvicinamento al crinale
Stefano scandaglia la montagna con il suo Geovid 8x42 HD-B alla ricerca dei branchi
Stefano scandaglia la montagna con il suo Geovid 8×42 HD-B alla ricerca dei branchi
Stefano scandaglia la montagna con il suo Geovid 8x42 HD-B alla ricerca dei branchi
Stefano scandaglia la montagna con il suo Geovid 8×42 HD-B alla ricerca dei branchi
Stefano scandaglia la montagna con il suo Geovid 8x42 HD-B alla ricerca dei branchi
Stefano scandaglia la montagna con il suo Geovid 8×42 HD-B alla ricerca dei branchi

Due tiri perfetti, con gli animali spenti sull’anschuss.

La pecora di Marco Polo è arrivata dopo due giorni di caccia, con un tiro a 420 metri a forte angolo di sito verso il basso, altitudine 5600 metri. Trofeo da 57 pollici, non da record ma sempre spettacolare. Lo stambecco con lo splendido trofeo da 40 pollici ha richiesto altri due giorni. L’avvicinamento ha portato Stefano e le guide da due chilometri fino a poco più di 300 metri di distanza, ma i cacciatori si sono trovati sotto vento e il branco si è rapidamente allontanato, minacciando di scollinare. Oltre alla rispondenza perfetta dei clic alla distanza compensata, il Geovid ha fatto un lavoro egregio nella velocità di aggiornamento del dato balistico man mano che l’animale si allontanava verso l’alto.

L'ibex di Stefano
L’ibex di Stefano

Il resto l’ha fatto la capacità del cacciatore di trovare l’appoggio perfetto per l’arma e per il gomito sulle rocce, una grande abilità nel tiro (complimenti!) e un pizzico di fortuna: ci fosse stato vento sulla traiettoria l’esito sarebbe potuto essere diverso.

Per dare l’idea dell’impatto della pressione atmosferica (che varia in proporzione all’altitudine) sulla traiettoria del proiettile, a 500 metri di distanza e 5000 metri di altitudine rispetto al livello del mare il punto d’impatto può variare anche di trenta centimetri.

Con il Leica Geovid 8×42 HD-B (oppure 10×42 o 8×56, e oggi anche con il nuovo telemetro tascabile CRF 2700-B), i nostri cacciatori di cervi e camosci possono contare su uno strumento straordinariamente preciso, testato anche in condizioni molto più estreme di quelle che potrebbero mai capitare sulle nostre montagne.

Il Geovid HD-B era stato già testato, in realtà, da altri cacciatori, tra cui Pitro Grazioli, che qui lo ha utilizzato insieme con l'altro campione Leica sulle lunghe distanze, il cannocchiale LRS 6.5-26x56.
Il Geovid HD-B era stato già testato, in realtà, da altri cacciatori, tra cui Pietro Grazioli, che qui lo ha utilizzato insieme con l’altro campione Leica sulle lunghe distanze, il cannocchiale LRS 6.5-26×56.
La preparazione del trofeo
La preparazione del trofeo

 

Altri articoli che ti potrebbero interessare ...