La capacità del cannocchiale di consentire la mira fino al limite della notte non è dovuta soltanto alla trasmissione di luce e l’occhio umano non è in grado di percepire differenze di trasmissione di luce inferiori al 5%. Anche se gli slogan sulle pagine pubblicitarie possono far credere diversamente. Facciamo un po’ di chiarezza, al lato pratico, su quella che tutti chiamano luminosità di un cannocchiale da puntamento.

cacciatore tramonto

La festa delle percentuali. Gli strilli sulle pagine pubblicitarie dei produttori di ottiche si sfidano a colpi di 92%, 94%, addirittura 96%. La trasmissione di luce. E’ la parte della luce esistente nell’ambiente, che una volta entrata dall’obiettivo riesce a percorrere le 8-10 e più lenti di un cannocchiale da puntamento e arrivare fino all’occhio che sta mirando. Un dato impressionante, che significa che ormai i cannocchiali di alta qualità riescono a portare all’occhio praticamente tutta la luce esistente al momento del tiro.

Per le aziende che producono ottiche, con questi numeri dal punto di vista pratico la battaglia per la miglior trasmissione di luce è chiusa, se non per meri fini di marketing, per poter dichiarare che il proprio cannocchiale ha una percentuale più alta degli altri.

Se è vero (e ovvio) infatti, che più luce arriva all’occhio al crepuscolo meglio è, ai fini di dare il giusto peso ai messaggi commerciali è bene sapere che nessun occhio umano è in grado di percepire la differenza di trasmissione di luce che offre un cannocchiale da 92% rispetto a uno da 95%. Limiti di precisione del nostro occhio, o del cervello, se vogliamo. La scienza dice che ci vuole almeno un 5% di differenza perché l’uomo sia in grado di percepirla.

Quindi, oggi, a parte l’incredibile caso di Swarovski che ha appena presentato il suo nuovo cannocchiale con telemetro integrato dichiarando a catalogo la sconcertante trasmissione di luce dell’83% (lo standard di qualche decennio fa), le ottiche delle 10 e più migliori (e medie) marche offrono tutte una trasmissione di luce, al lato pratico, ugualmente eccellente. Semplice.

Ma la luminosità del cannocchiale non è solo trasmissione di luce, altrimenti non si spiegherebbe come mai ogni ottica offra all’occhio condizioni di mira crepuscolari diverse.

La luce, ovvero l’immagine, infatti, deve essere “addomesticata”, disegnando l’architettura dell’ottica e lavorando le lenti (e i loro rivestimenti antiriflesso) in modo da tendere quanto più possibile a eliminare l’aberrazione cromatica (l’alone che appare intorno alla sagoma dell’animale che si osserva) e assicurare contrasti (la definizione dei bordi dell’animale rispetto allo sfondo) perfetti, cosa che ogni azienda fa più o meno bene. A parità di trasmissione di luce di due ottiche, quella con i contrasti migliori permetterà all’occhio di vedere la sagoma dell’animale con i contorni più nettamente definiti rispetto allo sfondo, e quando viene sera è proprio il non riuscire più a distinguere l’animale rispetto allo sfondo quello che letteralmente manda a casa il cacciatore. Se si confrontano sul campo varie ottiche con trasmissione di luce simile (tra il 90 e il 96%), si vede come in condizioni di luce estremamente scarsa a vincere non è quella con la maggior trasmissione, ma quella che offre i contrasti e la pupilla d’uscita (di cui parliamo qui sotto) migliori, dando grazie a queste caratteristiche il grosso vantaggio di non stancare subito l’occhio e anche quello di consentire di cacciare per qualche prezioso minuto in più.

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In condizioni di luce estreme, l’ottica che scolpisce i contrasti permette ancora di mirare perchè stacca la sagoma dell’animale dallo sfondo. Questa immagine viene dal migliore di tutti, il Leica Magnus 2.4-16×56

Da un punto di vista più facilmente misurabile, il concetto più importante è la pupilla d’uscita, ovvero la parte dell’ottica utile alla pupilla umana per mirare. Si può apprezzare come un cerchio di luce con contorni neri guardando nell’ottica da circa 40cm di distanza e, contrariamente al caso del binocolo, per il quale il diametro della pupilla d’uscita è una funzione meramente aritmetica (diametro dell’obiettivo : ingrandimento), nel cannocchiale da puntamento dipende da quanto bravo è stato il produttore a concepire un’architettura ottica che offra una pupilla d’uscita generosa. Più è grande la pupilla d’uscita, meglio si trova la pupilla umana dilatata al crepuscolo a mirare, con quella sensazione di non affaticarsi  che chi usa un cannocchiale performante ben conosce. Per dare un’idea delle differenze enormi che si possono riscontrare sotto questo aspetto, basti pensare (catalogo alla mano) che un Leica Magnus 2.4-16×56 ha il diametro della pupilla d’uscita più grande del 53% rispetto a uno Swarovski Z8 2.3-18×56, pur dichiarando entrambi trasmissione di luce intorno al 93%.

La pupilla d’uscita del Magnus i di Leica al minimo ingrandimento, confrontata con quella dello Z8i Swarovski. Una differenza enorme del 53%, a beneficio della pupilla umana dilatata al crepuscolo. E’ il motivo principale alla base della straordinaria sensazione che prova chi mira attraverso un Magnus.

E’ sempre il disegno (o l’architettura) ottico, ovviamente su lenti lavorate in modo eccellente, che determina quella sensazione di spazio enorme per l’occhio, senza vignettatura, che avverte chi prova un Magnus al limite del buio; stessa trasmissione di luce di altri cannocchiali, dove però si ha subito la sensazione di essere più costretti ad avere l’occhio perfettamente in asse con l’ottica e alla distanza esatta della pupilla, se si vuole evitare una pesante vignettatura.

 

Un cenno, a beneficio di chi desidera capire cosa mettere alla prova in armeria in un cannocchiale da usare nel tiro crepuscolare, lo meritano anche le dimensioni del reticolo, e del punto illuminato al suo centro. Oggi si può pretendere un reticolo sottile e un puntino ultrasottile, in modo che il primo non copra l’animale che si mira, e il secondo serva a vedere il centro della croce alle ultimissime luci, senza rimanerne in qualche modo abbagliati. Lo scriviamo perché non tutti i produttori che dichiarano di offrire ottiche luminosissime sono ugualmente avanzati sotto questo aspetto.

Il reticolo illuminato di un nuovo Magnus i. Non tutti i reticoli dei cannocchiali di qualità top sono così sottili e contemporaneamente ben visibili.
Il reticolo illuminato di un nuovo Magnus i. Non tutti i reticoli dei cannocchiali di qualità top sono così sottili e contemporaneamente ben visibili.

Per chi fosse infine indotto a credere che la trasmissione di luce, con cui abbiamo iniziato questo articolo, possa essere maggiore se il tubo del cannocchiale è un mostro da 34 o addirittura 36mm, ricordiamo che la trasmissione di luce non dipende assolutamente dalle dimensioni del tubo del cannocchiale, che può essere luminosissimo (Swarovski e Leica insegnano) senza andare oltre i canonici 30mm, con grande beneficio estetico, dimensionale, e nel peso dell’ottica. Il tubo più grande è utile per avere una maggiore escursione dei clic, ma se non si deve tirare a oltre un chilometro di distanza i clic che offre un cannocchiale da 30mm sono molto più che sufficienti.

In sintesi, la trasmissione di luce di un cannocchiale quindi è un elemento importantissimo per determinarne la qualità e la capacità di garantire la mira crepuscolare. Se da una parte questo significa che un’ottica con poco più dell’80% di trasmissione di luce è un’ottica poco performante al crepuscolo, è giusto puntualizzare che di per se il 2 o 3% di trasmissione in più non qualifica un’ottica come più luminosa di un’altra. Oltre alla trasmissione di luce, ugualmente importanti per determinare la capacità di un’ottica di lavorare dopo il crepuscolo sono l’architettura ottica, l’aberrazione cromatica, i contrasti e la pupilla d’uscita. E per finire, la luminosità dell’ottica non c’entra nulla con le dimensioni del tubo del cannocchiale, è completamente inutile a questo proposito acquistare un cannocchiale con diametro del tubo superiore a 30mm.

A nostro avviso, tutti questi elementi spiegano perché chi prova a mirare attraverso il Leica Magnus i 2.4-16×56 ha la miglior sensazione di luminosità al crepuscolo che oggi possa offrire un cannocchiale da puntamento.

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Come sempre, parlando di ottica, provare per credere.

Weidmannsheil!

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